La storia finora:  Steve Rogers, l'originale Capitan America, ha simulato la sua morte per poter finalmente condurre una vita da civile. È diventato un insegnante d'arte in una Scuola preparatoria nel Connecticut, ritirandosi dalla vita del supereroe. Ha deciso di rientrare in azione quando ha scoperto che il suo socio ed amico durante la guerra, Bucky Barnes, non era morto nel 1945 come aveva sempre creduto, ma era stato salvato dai sovietici, che l’avevano sottoposto al lavaggio del cervello e reso un killer spietato che agiva durante la guerra fredda col nome di Soldato d’Inverno. I russi lo avevano tenuto in animazione sospesa in un tubo criogenico per decenni, risvegliandolo periodicamente per utilizzarlo in missioni contro bersagli specifici al termine delle quali veniva rimesso in animazione sospesa, preservandone così la forza e la giovinezza fino al prossimo utilizzo. Nel corso dei decenni quella del Soldato d’Inverno divenne una leggenda e perfino la sua esistenza era messa in dubbio dagli stessi sovietici e chi ci credeva, era convinto che non fosse altro che il nome in codice di vari assassini succedutisi nel ruolo durante gli anni. Solo pochi sapevano la verità e la custodivano gelosamente.

Dopo il fallimento sovietico in Afghanistan e l’avvento al potere di Mikhail Gorbaciov il Soldato d’Inverno fu accantonato definitivamente e lasciato a riposare nel suo tubo criogenico. Con la dissoluzione dell’Unione Sovietica il Soldato d’Inverno fu dimenticato per entrare nel mito e tale sarebbe rimasto se il sanguinario generale Zakharov non lo avesse risvegliato per utilizzarlo in un piano volto a scatenare un conflitto nucleare. Informato da Nick Fury del ritorno del Soldato d’Inverno e della sua vera identità, Steve Rogers si era recato in Russia dove, affiancato dalla seconda Vedova Nera, Yelena Belova, era riuscito ad impedire il piano di Zakharov, ma non la sua fuga all’estero assieme al Soldato d’Inverno. Con l’aiuto di Nick Fury, Steve aveva organizzato una squadra per dargli la caccia una volta scoperto che il suo obiettivo era negli Stati Uniti. La sua squadra (ribattezzata “Vendicatori Segreti”) era composta, oltre che dalla Vedova Nera, da Sharon Carter, agente dello S.H.I.E.L.D. ed ex fidanzata di Steve (che in segreto 5 anni prima, mentre era da tutti creduta morta, aveva partorito una bimba che con tutta probabilità era figlia proprio dell'ex Capitano) e da Jack Monroe alias Nomad, il sostituto anticomunista di Bucky durante gli anni 50.  Negli Stati Uniti Zakharov aveva chiesto sostegno al miliardario russo Aleksandr Lukin, ma questi riuscì a prendere il controllo del Soldato d'Inverno, la cui volontà era ancora piegata,  e gli fece uccidere Zakharov. Lukin, che si spacciava per il redivivo Teschio Rosso comunista degli anni 50, e aveva al suo servizio uno staff composto di spie della guerra fredda misteriosamente sopravvissute e non invecchiate, aveva  in mente un piano per uccidere vari esponenti politici dei paesi della NATO, tra cui il  congressista americano Andrew Bolt, vecchia conoscenza di Steve dei tempi in cui era ancora Capitan America.  Steve e la sua squadra mandarono  a monte i suoi piani: il Teschio (la cui vera identità rimase un segreto ben custodito) sfugge alla cattura, ma il Soldato d'Inverno venne finalmente preso e messo sotto le cure di uno staff di psicologi per guarirlo. Intanto, un uomo identico al defunto Zakharov se ne andava in giro tra New York e la California ad intrattenere contatti con la mala russa di Brighton Beach. Ma se Zakharov era morto... allora, chi era costui? È quello che Steve e la sua squadra cercavano di scoprire, grazie anche all’aiuto di Amadeus Cho, un ragazzo di origine coreana dall’intelletto geniale. Mentre erano a caccia di indizi, Sharon e Jack vennero catturati. Steve ed Yelena furono costretti allora a chiedere aiuto anche al Soldato d'Inverno (che a poco a poco stava riacquisendo la conoscenza della sua vera identità) per andare a soccorrere gli alleati in pericolo. Durante l’operazione di salvataggio però i nostri eroi avevano fatto una scoperta che aveva dell’incredibile...

 

IO, ROBOT

Di

Carlo Monni & Carmelo Mobilia

 

 

Base sotterranea dei Vendicatori Segreti. Il laboratorio.

 

La scena era come quella di un obitorio, ma quello disteso sul freddo tavolo di metallo, nonostante le apparenze, non era il corpo del generale Nikolai Aleksandrovich Zakharov: dal suo petto, squarciato dal proiettile che lo aveva attraversato da parte a parte non più tardi di due giorni prima, si poteva vedere una perfetta riproduzione degli organi interni umani realizzati in materiale sintetico.

Steve Rogers era decisamente perplesso, nonostante avesse già avuto a che fare con androidi talmente perfetti da risultare pressoché indistinguibili dagli esseri umani, come il suo amico Jim Hammond, la Torcia Umana Originale e per certi versi anche il suo ex compagno Vendicatore, la Visione, almeno stando ai resoconti di Henry Pym…  Hank… forse avrebbe dovuto richiedere la sua consulenza, ma avrebbe dovuto rivelarsi e rispondere a troppe domande imbarazzanti. Come aveva detto un poeta di cui non ricordava il nome: “Oh quale ingarbugliata ragnatela tessiamo quando per primi ci risolviamo a praticare l’inganno”.[1]

<Questo è davvero … incredibile!>

La voce del giovane di origine asiatica davanti a lui riscosse Steve dai suoi sogni ad occhi aperti.

Amadeus Cho non credeva ai suoi occhi. Erano come quelli di un bambino quando scarta i suoi regali la mattina di Natale.

<È la cosa più stupefacente che abbia mai visto! Voglio dire ... è … è una riproduzione dell’organismo umano praticamente ... perfetta! Fluidi organici, pressione sanguigna, temperatura corporea... e tutto il resto! Sudore, alito cattivo arrossamenti cutanei ...>

<Si chiamano LIFE MODEL DECOY. Lo S.H.I.E.L.D. li usa talvolta per depistare i nemici ... ma questo non è uno dei loro ed io conosco solo una persona al mondo, escluso il Dottor Destino, in grado di costruirne di così perfetti. Almeno adesso sappiamo chi c’è dietro. Si tratta di Machinesmith: un pazzo terrorista esperto di robotica. Resta solo da scoprire quali sono i suoi scopi.> disse Steve. Era passato parecchio tempo dall’ultima volta che si era scontrato con lui[2], ma per quanto ne sapeva, collaborava ancora col Teschio Rosso, quello vero, l’uomo che era stato il suo più implacabile nemico per una vita intera. Se c’era il Teschio dietro tutto questo, allora le cose potevano prendere una piega del tutto diversa. Doveva accertarlo.

<Per quanto possa sembrare folle>  intervenne ancora Amadeus  < è possibile che questo … tizio non sapesse di essere un uomo artificiale e credesse davvero di essere l’originale.>

< Stando a quanto mi ha raccontato, è proprio l’impressione che ha avuto Sharon.>

 <E se lo abbiamo scoperto, lo dobbiamo solo a te, Barnes.>  disse Yelena Belova <Quell’ultimo colpo è stato davvero da maestro. Quella bomba al magnesio mi aveva accecato e ...>

<Non incoraggiare questo tipo di atteggiamenti, Yelena.> la riprese Steve <Io sono il comandante sul campo e Bucky ha volontariamente ignorato i miei ordini. Non tollererò un’altra volta atteggiamenti del genere> disse con tono severo guardando in direzione della sua ex spalla <Da te come da nessun altro, chiaro? Un tale atto di insubordinazione sul campo può costare la missione e mettere in pericolo delle vite ed io questo non lo permetto. Sono stato chiaro?>

Entrambi si sentirono mortificati. 

<È tutto, comandante?> rispose Bucky con apparente freddezza.

<Per il momento. Potete andare adesso, io devo parlare un attimo col ragazzo.> disse appoggiando la mano sulla spalla di Amadeus.

<Che posso fare per lei, comandante?> chiese il giovane con un accento ironico accennando un saluto militare.

Steve scosse lievemente il capo: quel ragazzo era forse poco più vecchio di Bucky quando lui l’aveva conosciuto e nonostante fosse un genio, non sembrava prendere le cose troppo seriamente. Ma forse era lui ad essere troppo severo: forse non avrebbe dovuto accettare di coinvolgere un altro ragazzino in quei giochi di morte.

 

Bucky e Yelena uscirono dal laboratorio e s’incamminarono per il corridoio. La ragazza notò lo sguardo crucciato nel volto del compagno.

<Se ti può consolare, per me hai agito benissimo. Zakharov, o quello che era, stava per sfuggirci di nuovo e tu l’hai impedito. Dovrebbe elogiarti. Non capisco questa eccessiva moralità di Rogers. A volte ho l’impressione di avere davanti un vero professionista, il migliore con il quale abbia mai lavorato, altre volte invece si comporta davvero come un ... boy scout.>

<Ha ragione lui invece> rispose Bucky sconsolato <i miei ordini erano altri e io li ho ignorati. Ho agito d’impulso invece di riflettere.>

<Sei troppo duro con te stesso. Abbiamo salvato gli altri e catturato il nemico. Cosa vuoi di più? Ripeto, per me sei stato grande.>

<Grazie Yelena.> disse lui abbozzando un sorriso, poi entrò nella sua camera. Yelena proseguì verso la sua. Nonostante non lo desse a vedere, non le era indifferente quell’aria da giovane tormentato che faceva tanto “James Dean” .

Bucky si tolse l’uniforme e si sdraiò sul suo lettino, fissando il soffitto. Era confuso. Sparare a Zakharov gli era venuto naturale come respirare. Uccidere in quel modo era una cosa che gli avevano imposto i sovietici oppure era una cosa che gli veniva istintiva? Era sempre stato un killer naturale? Mentre si torturava con pensieri del genere Steve entrò nella sua stanza.

<Ehi Buck... senti, volevo scusarmi per averti ripreso così duramente, prima... e davanti agli altri. Ma sparare alle spalle di un uomo in quel modo è una cosa che non posso tollerare. Poteva essere un mutaforma o uno con indosso una maschera. Dobbiamo evitare inutili spargimenti di sangue. Noi ...>

<Siamo soldati Steve. Non abbiamo fatto altro per tutta la vita. Io non capisco questo tuo modo di agire. Avevamo una missione da compiere e il nemico stava fuggendo. Non è la prima volta che durante gli scontri ci sono delle vittime. Uccidere o essere uccisi. È questa la regola quando sei in guerra.>

Steve assunse un’espressione amareggiata e dispiaciuta.

<Oh Buck ... ti hanno convinto di questo per troppi anni. Questa non è la guerra. Dobbiamo sforzarci di trovare il modo di fermare i pazzi che ci tocca affrontare senza fare vittime inutili. Entrambi abbiamo visto troppi morti nelle nostre vite. Possiamo, anzi, dobbiamo fermare questa scia di morte che c’è nel mondo.>

<E se non ci fosse un modo? >

<C’è sempre un modo, Buck. Sempre.> gli disse Steve appoggiandogli una mano sulla spalla.

<Pensa anche a stasera. Potevi colpirlo ad una spalla ...o ad una gamba. Perché ucciderlo?>

“Perché sono un assassino nato” pensò Bucky. Ma non disse nulla.

<Vedrai, la supererai. Ora scusami, vado a vedere come stanno gli altri.> e così dicendo si congedò raggiungendo l’infermeria. Nei letti però non c’era nessuno. Jack era assente. Sharon Carter invece era stesa sul pavimento intenta a fare delle flessioni. Indossava solo slip bianchi e un top in tinta. Era madida di sudore, segno evidente del suo sforzo. Steve entrò nel bagno adiacente, prese un asciugamano e glielo porse.

<Sai, non ci sarebbe nulla di male se ti prendi qualche giorno di riposo.>

<Sto bene.> rispose lei, asciugandosi il viso.

<Perché non ti fermi mai, Sharon?>

<Conosci un altro metodo per tonificare i muscoli dopo una forzata inattività?>

<Non volevo dire in quel senso, intendevo dire...> ma Steve sapeva che quand’era in quello stato non c’era nulla da fare con lei. Se le erano rimasti segni , fisici o d’altro tipo, delle torture subite durante la prigionia, non lo dava a vedere: aveva ripreso il suo solito atteggiamento da dura e cinica. Steve ne era un po’ preoccupato, anche perché aveva la sensazione che ultimamente lei lo facesse esclusivamente a suo esclusivo beneficio. Era una donna così testarda. Decise di cambiare argomento.

<Dov’è andato Jack?>

<Non lo so. S’è ripreso prima di me. Il siero del supersoldato è veramente sorprendete. Zakharov c’era andato pesante con lui. Mi aveva fatto preoccupare.>

<Non era Zakharov, quello che vi aveva rapiti. Credo che dietro ci sia una nostra vecchia conoscenza.>

 

 

Berlino, Settore Sovietico. Marzo 1954

 

Il Maggior Generale Vasily Karpov aggrottò la fronte nel sentire il rapporto dell’ufficiale davanti a lui.

<Capitan America e Bucky, qui a Berlino?> esclamò.

<Sì, signore: hanno fatto di tutto per farsi notare sin dal loro arrivo. Come saprà sono riapparsi qualche mese fa, dopo anni di silenzio, rovinando un’operazione del Teschio Rosso alle Nazioni Unite[3]e da allora hanno dato parecchio filo da torcere alle nostre spie sul Territorio americano altrove. Naturalmente il ragazzino è troppo giovane  per essere il vero Bucky, che oggi dovrebbe avere più di 25 anni, ma i rilievi antropometrici fatti su Capitan America basandoci sulle sue fotografie portano a pensare che si tratti proprio di lui.>

Karpov scosse impercettibilmente la testa: che quello là fuori non fosse il vero Bucky lui lo sapeva benissimo, visto che il vero Bucky era nelle sue mani da almeno nove anni, ma Capitan America? Era riapparso in forma smagliante meno di una settimana dopo la sua scomparsa nella Manica, quando Karpov e la sua squadra avevano recuperato Bucky, possibile che fosse quello autentico? Non era stato possibile recuperare anche il suo corpo e quindi poteva essere sopravvissuto e il governo americano poteva avergli messo al fianco un nuovo Bucky per motivi di propaganda… il suo governo avrebbe certamente agito così, quindi perché non quello americano? Ovviamente potevano essere entrambi impostori e questo avrebbe spiegato perché Capitan America era riapparso improvvisamente dopo 4 anni di oblio.

La sua presenza a Berlino assieme al falso Bucky proprio adesso non poteva un caso, ma di una cosa Karpov era certo: non potevano sapere del Soldato d’Inverno. Forse non c’erano più di dieci persone in tutta l’Unione Sovietica a conoscere la sua esistenza

Karpov congedò l’ufficiale del G.R.U.[4] che gli aveva portato quel rapporto inquietante, che confermava quanto gli aveva detto lo stesso Soldato d’Inverno, poi senza nemmeno voltare la testa disse:

<Puoi uscire adesso.>

Un pannello si aprì nella parete alle sue spalle e ne uscì un uomo che indossava una tutta verde con il simbolo della falce e martello sul petto, un mantello rosso e stivali militari da cavallerizzo. Il suo volto era coperto da un’inquietante maschera rossa a forma di teschio. Si faceva chiamare Teschio Rosso, ma non era il criminale di guerra nazista, morto da anni,[5] ma il capo di una rete indipendente di spie la cui vera identità era nota solo a pochissime persone tra cui, il Primo Ministro ed il capo del KGB. Karpov non era tra questi e la cosa lo indisponeva non poco.

<Capitan America qui è un’occasione troppo ghiotta per farsela sfuggire.> disse il Teschio <Dobbiamo usare il Soldato d’Inverno contro di lui.>

<Non… non sono sicuro che sia una buona idea.> replicò Karpov. Dentro di se era preoccupato delle reazioni del Soldato d’Inverno se avesse dovuto aver di fronte Capitan America. C’era il rischio di rovinare anni di addestramento e lavaggio del cervello e che la sua vera personalità riemergesse. Valeva la pena di correre un simile rischio dopo tutti i sacrifici fatti?

<Non ho chiesto la tua opinione, compagno Generale.> ribatté seccamente il Teschio Rosso <So benissimo che sei riuscito ad ottenere dal compagno Stalin la gestione del Progetto Soldato d’Inverno, ma  ora Stalin non c’è più e il Primo Ministro mi ha dato pieni poteri per occuparmi di Capitan America e del ragazzino che si porta dietro, quindi, compagno generale, tu manderai il nostro miglior assassino a uccidere Capitan America o per domani ti ritroverai a dirigere il più sperduto avamposto militare della Siberia, sono stato abbastanza chiaro?>

<Perfettamente, tovarishch Krasnyy Cherep[6]> rispose Karpov con malcelata rabbia <Farò come hai chiesto.>

E se l’operazione andrà male, sarà solo colpa tua, pensò tra se e se.

 

Presente. Base sotterranea dei Vendicatori Segreti.Notte.

Bucky si svegliò di soprassalto. Era un incubo, quello che aveva avuto, oppure l’ennesimo ricordo sopito che veniva fuori ? La sua mentre era più intricata di un cubo di Rubik. Emozioni e sensazioni sopite, che sembravano appartenere a due uomini diversi, continuavano ad tormentarlo. Era come aver vissuto due vite. Il dottor Samson e la dottoressa Sterman sostenevano fosse normale, ma lui non riusciva proprio a venirne a capo. L’episodio con Zakharov, poi, lo aveva ulteriormente confuso. Si alzò dal letto; ormai prendere sonno era impossibile, e si diresse verso la palestra per una sessione notturna di allenamento. La base era deserta... Steve, l’agente Carter e gli altri non c’erano. Ognuno di loro, in fondo, aveva un altro posto dove andare... ma lui? Quella base sotterranea era l’unica cosa che si avvicinava a qualcosa che poteva essere definita “casa”. Casa.... ma qual era la sua casa? Ne aveva  mai avuta una, in fondo? Questi deprimenti pensieri vennero bruscamente interrotti da dei rumori provenienti dal laboratorio. Andò a vedere chi fosse.... forse il colonnello Fury? Invece no, si trattava del giovane Cho alle prese con un lavoro tecnologico per lui incomprensibile.

<Problemi d’insonnia?> chiese Buck.

<Uh? Oh salve agente Barnes ... vedo che è un nottambulo anche lei. C’è del caffè sul quel ripiano, si serva pure.>

<Posso chiederti come mai al lavoro a quest’ora da lupi?> domandò versandosi una tazza.

<Sto dedicandomi  ad un lavoro top secret per conto del comandante Rogers. Temo di non poterle dire di più, mi dispiace. Piuttosto mi dica, come si trova col braccio bionico che le ho riparato?>

<Ah molto bene. L’ho pure testato sul campo e non mi ha dato alcun problema. Davvero un ottimo lavoro.>

<Non le da fastidio avere quella fredda mano metallica?>

<Sono anni che mi sono abituato ad averla ormai...>

<Beh stavo analizzando quel Life Model Decoy ...e  credo di riuscire a progettarle un braccio in tutto e per tutto simile ad uno di carne e ossa. Una cosa veramente stupefacente. Questo Machinesmith sarà anche un criminale ma è un genio assoluto. Mi dia un po’ di tempo e tra non molto le riprodurrò un arto che sarà completamente indistinguibile da uno vero!>

<Sarebbe fantastico Amadeus! Io ... non so come ringraziarti ...>

<Non deve. Per me è un onore poter fare qualcosa per lei. Lei è un eroe di guerra. Mi ricordo ancora le lezioni di storia in cui la professoressa ci raccontava della sue gesta...>

<Un eroe, dici ...> ma i miei ricordi, pensò, sono più simili a quelli di un assassino.

 

Il giorno dopo.

 

Ci aveva lavorato tutta la notte, Amadeus, ma finalmente aveva finito il lavoro che gli era stato commissionato. La soddisfazione gli faceva persino dimenticare la stanchezza. Andò nella stanza del comandante Rogers con aria compiaciuta:

<Ecco, ho fatto! Ho terminato il congegno che mi aveva chiesto in tempo da record!> esclamò porgendogli la scatola col prezioso contenuto.

<Sei stato bravissimo Amadeus. Sono molto fiero di te.> disse Steve prendendo la scatola.

<Ora se non le dispiace, vorrei andare a dormire per i prossimi 3 anni.> disse Amadeus sbadigliando.

<Te lo sei meritato, figliolo. Un’ultima cosa: sai per caso dov’è l’agente Carter?>

<Si. E’ in palestra che si sta allenando. >

<Molto bene ...> disse Steve con aria risoluta.

Raggiunse la sua amica e la vide in tenuta sportiva allenarsi al sacco nelle mosse di kickboxing.

<Come va?> domandò lui.

<Bene.> rispose semplicemente lei, continuando a colpire il sacco.

<E’ da quando sei tornata che ci stai dando dentro Sharon. Credo che dovresti prenderti una pausa. Non puoi stare sempre col piede sull’acceleratore...>

<Ti  ho detto che sto bene.>

<Cosa stai cercando di dimostrare, Sharon? E’ inutile che ostenti .. ormai ce ne siamo accorti tutti.>

<Di che parli?>

<Può sembrare buffo detto da me ma... non sei più nel fiore degli anni. Ti stai rammollendo. La Sharon che conoscevo non si sarebbe fatta catturare in quel modo da Zakharov, e di certo si sarebbe liberata da sola.>

La donna smise di esercitarsi e rivolse a Steve uno sguardo a dir poco aggressivo.

<Che cosa hai detto?>

<Mi hai sentito. E’ per questo che cerchi di dimostrare di essere una dura, che ti sei ripresa in fretta ... lascia perdere, davvero. Tutta fatica sprecata. Perché pensi che abbia voluta la Belova in squadra? Per farle fare quello che tu ormai non sei più in grado. Rilassati, dunque. C’è chi scende in campo al posto tuo ...>

<Brutto figlio di ...> Sharon cercò di colpire Steve con un gancio al volto, ma l’ex Capitan America le afferrò il polso, bloccando il colpo.

<Doveva essere un pugno, questo?>

<Questo è troppo Rogers, in guardia!> Sharon assunse una posizione d’attacco e rivolse verso Steve quelle mosse che prime erano rivolte al sacco. Lui stava sulla difensiva, parando e schivando.

<Prima dici di amarmi, poi simuli la tua morte per rifarti una vita con quella... poi torni a bussare alla mia porta, mi preghi di aiutarti con la tua nuova squadra e ora mi insulti trattandomi con indulgenza? Sei un dannato ipocrita!>

<Ah io? Senti chi parla! Chi s’è finta morta per anni accettando una missione della quale non mi avevi nemmeno accennato? Mi hai spezzato il cuore! Poi torni e scopro che hai avuto una figlia, chissà dove e quando, e che presumibilmente è mia! Ma che diavolo ti passava per la testa, Sharon?>

<STA ZITTO! IO TI ODIO!> urlò Sharon, sempre più furiosa: questa volta il suo pugno andò a bersaglio, aprendo un varco nella guardia di Steve, e comincio a colpirlo a più riprese, mentre il supersoldato accompagnava i colpi senza rispondere. Il dispositivo che aveva sul polso cominciò a lampeggiare con una luce rossa, Steve se ne accorse proprio nel mentre che la ragazza eseguiva un perfetto calcio avvitato che proprio lui le aveva insegnato. Venne colpito al petto  e mandato al tappeto, ma quando si rialzò, calmo e composto, fisso lo strumento e disse:

<Quindi non sei tu. Si tratta di Jack.>

<Cosa? Ma che ...>

<Ssssh. Non ora Sharon.> poi mise mano all’auricolare.

<Qui comandante Rogers. Mi ricevi, Vedova?>

<Si. Sono al poligono di tiro ad esercitarmi con Barnes.>

<Voglio che interrompi immediatamente e che vi mettiate sulle tracce di Nomad. Priorità Alpha. Ha tradito e va assolutamente fermato.>

<Sissignore.> rispose la donna, posando  la pistola nell’armeria.

<Vieni James. Abbiamo una missione.>

<Di che si tratta?> chiese Bucky.

<Dobbiamo fermare Monroe.>

 

 

New York. Un palazzo nei pressi della Sede delle Nazioni Unite.

 

Entrare non era stato difficile, dopotutto aveva con se un passi che gli permetteva di accedere a tutte le installazioni S.H.I.E.L.D. in ogni momento e quale migliore installazione della sede ufficiale dell’agenzia? Una volta entrato Jack incontrò pochissimo gente, il personale era ridotto all’osso, visto che questa era una sede di rappresentanza e che la sede operativa era nell’Eliveicolo in stazionamento suborbitale sopra le loro teste. Raggiungere l’ufficio di Nick Fury al decimo piano fu abbastanza facile, entrarvi, per uno con le,sue capacità, fui ancora più facile. Una volta dentro azionò un meccanismo su una parete che svelò un ascensore, vi sali e si fece portare nel sotterraneo, in livelli che non erano segnati sulle piante. Non si chiese come facesse a sapere tutto questo, era come se l’informazione fosse sempre stata nella sua mente. .Uscì dall’ascensore guardandosi intorno. Nessuno. Si trovava in un luogo abbandonato da tempo, spoglio di ogni cosa… tranne per chi sapeva cosa cercare. Premette le dita su una parete secondo una sequenza prestabilita e sulla parete si aprì uno schermo su cui fluttuavano dei simboli algebrici. Jack vi appoggiò sopra la mano destra. La sua voce aveva un tono decisamente non umano, mentre diceva:

<Autorizzazione A1XD08EO1965ST. Scaricare specifiche progetto Delta.>

<<Autorizzazione riconosciuta. Download in esecuzione.>>

-Fermo!-

La voce apparteneva a Yelena Belova, che ripeté:

<Ho detto fermo: qualunque cosa tu stia facendo, smetti immediatamente.>

Jack la guardò sorpreso, la sua reazione lasciò la giovane russa sconcertata.

<Hai rivelato i tuoi veri colori, sporca spia. Lo sapevo che non bisognava fidarsi di te, Russki.>

Le saltò addosso, ma lei eseguì un’aggraziata mossa di judo e lo fece volare sopra la sua testa.

<L’ho sempre saputo che lavoravi ancora per i tuoi padroni russi, bionda.> insistette Jack <Dicono di essere cambiati,  ma sono sempre gli stessi . Altro che paranoia, ti ho colto sul fatto.>

Stava travisando tutto, pensò Yelena, possibile che finga? No, non può essere: crede davvero a quel che dice, ne è proprio convinto. È come un uomo sottoposto a lavaggio del cervello, la sua programmazione è eccellente, quel Machinesmith di cui parla Rogers deve essere davvero un genio.

<Ascolta Jack… se c’è ancora qualcosa di Jack in te… forse non ti sono simpatica, ma stiamo dalla stessa parte. Devio saperlo. Ricorda chi è Jack Monroe.>

<Io so benissimo…  chi sono!> urlò la cosa che credeva di essere Jack Monroe e subito dopo dai suoi occhi uscì un raggio di energia che colse la giovane Vedova Nera del tutto di sorpresa stordendola.

Jack si fermò a guardarla. Ogni traccia di emozione umana era sparito dal suo volto

<Allontanati da lei…adesso!>

Davanti a lui era ora il Soldato d’Inverno e sotto la mascherina i suoi occhi brillavano di lucida determinazione.

<Che ne hai fatto di Jack Monroe?> chiese.

<Sono io Jack Monroe.> ribadì l’altro.

<No, non lo sei: sei una macchina e non avrò pietà di te.>

 


Berlino. Marzo 1954.

 

Il piano era di una semplicità quasi imbarazzante, tanto che aver richiesto le sue competenze era quasi un insulto. Ma il Soldato d’Inverno non discusse e obbedì agli ordini, facendosi trovare sul posto stabilito dal suo comandante. Sotto di lui, molti agenti della Germania Est stavano aggredendo l’uomo chiamato Capitan America e il suo partner, un ragazzo molto giovane che rispondeva al nome di Bucky. Il suo compito era sparargli con un fucile di precisione mentre i due si battevano con gli agenti. Un colpo a testa e missione compiuta. Un compito di una facilità disarmante, appunto. Aveva eseguito omicidi molto, molto più complicati.

E allora perché non riusciva a premere il grilletto? Aveva l’uomo a stelle e strisce nel centro del suo mirino di precisione, ma c’era qualcosa nel suo volto che lo aveva bloccato: c’era qualcosa in quello sguardo, in quella mascella squadrata che... non riusciva a spiegarlo, ma gli procurava una sensazione di dejà vu inspiegabile. E che dire del ragazzo ...quell’uniforme blu e rossa, la mascherina sugli occhi ... dove li  aveva già visti? Perché diavolo quel moccioso americano era così inquietantemente.... familiare? Perché, perché? Domande senza risposta, sensazioni inspiegabili. Una reazione emotiva che bloccò il glaciale Soldato d’Inverno. E quando lavori in questo campo un’esitazione può compromettere la missione.

<Bucky, giù!> gridò il Capitano, mentre lanciò il suo scudo contro quel bagliore provocato senza dubbio dalla luce riflessa sul mirino di un fucile da cecchino. Il Soldato d’Inverno vide partire il disco di metallo troppo tardi e venne colpito: la sua arma fu distrutta e divenne inservibile. Il colpo lo aveva tramortito. Era stato individuato. Aveva fallito. Si rimise in piedi e fuggì da lì. Cap e Bucky arrivarono sul posto con un attimo di ritardo.

<Avevi ragione Steve ... c’era veramente qualcuno qui. > disse raccogliendo quel che rimaneva del fucile.

<Già ma del cecchino nessuna traccia. E’ riuscito a fuggire.>

<Pensi che si tratti del nostro uomo? Il killer che dovevamo fermare?>

<Se è così mi sa che abbiamo fallito, Jack ...> disse Cap.

Ma il vero insuccesso era quello compiuto dal Soldato d’Inverno. Mai prima d’ora aveva mancato un bersaglio. Perché quell’esitazione che gli ha fatto perdere l’attimo giusto? Chi sono in realtà quei due e come mai provava verso i loro costumi un inspiegabile senso di .... nostalgia?

 

 

Sotterranei del Quartier Generale S.H.I.E.L.D.

 

Bucky osservava Jack, impressionato da quel  ... come definirlo? Robot era riduttivo...era talmente uguale ad un essere umano da essere indistinguibile, proprio come aveva detto Amadeus.

<E pensare che eri il mio idolo, Bucky.... volevo essere come te, anzi... volevo essere te! E invece ti sei messo dalla parte di questa sgualdrina comunista! Non ci posso credere che stai ancora dalla parte dei rossi.... dovresti essere un eroe americano, dannazione!> gridò Jack, attaccandolo.

Era convinto di essere una persona vera... non aveva coscienza di essere una creatura artificiale; sembrava non ricordare nemmeno quella scarica taser che gli era uscita dagli occhi con la quale aveva steso la Vedova Nera.

Buck provava quasi pena per lui, vista la sua convinzione. Pensava di essere nel giusto, di essere vittima di un complotto. Ma non poteva continuare così.  Jack era fisicamente più forte di lui, ed era piuttosto abile; da alcune delle sue mosse si vedeva che aveva ricevuto lezioni di combattimento da Steve. Tuttavia, non aveva ricevuto l’addestramento specifico che contraddistingueva il Soldato d’Inverno. Lui era un assassino provetto. Estrasse dalla sua cintura il suo pugnale e quando Jack provò un affondo con un pugno, Buck lo colpì al collo con la lama, dritto sulla giugulare, ma assieme  a copiose quantità di qualcosa che sembrava sangue uscirono anche scintille e scariche elettriche.

 

Nel giro di pochi minuti l’auto volante dello S.H.I.E.L.D. con a bordo Steve e Sharon arrivò sul posto e i due raggiunsero i propri compagni , proprio mentre Bucky stava aiutando Yelena a riprendersi.

<Stai bene?> le chiese.

<Non ... riesco a crederci> esclamò la giovane russa <Era una specie di robot, come Zakharov! Mi ha colpito con una specie di scarica elettrica dagli occhi.>

<Comandante Rogers, io ...> iniziò a dire il Soldato d’Inverno,

<Hai fatto un ottimo lavoro, Buck.> 

<Jack ... era un automa?> disse Sharon.

<Esattamente. Per la precisione un Life Model Decoy.> le rispose Steve, calmo e composto.

<Steve ... tu lo sapevi?> chiese Sharon.

<E’ proprio il genere di mossa che mi aspettavo da Machinesmith. Anche se devo riconoscere che mi aspettavo che avesse sostituito te.>

<Me? Tu ... credevi che io fossi un LMD?>

<C’era questo rischio sì. Fortunatamente, grazie ad Amadeus, siamo riusciti a capire in tempo chi di voi due lo fosse.>

 

 

Base sotterranea dei Vendicatori Segreti. Il laboratorio. Due giorni prima.

 

<Che posso fare per lei, comandante?>

 <Credi di essere capace di costruire un qualche congegno che permetta di distinguere un LMD da un essere umano senza necessariamente dissezionarlo?>

<Uhm … non è esattamente una cosa facile vista la tecnologia con cui sono costruiti questi androidi. I normali strumenti non rilevano differenze ... almeno, dal punto di vista strettamente biologico. Però, se valutiamo a livello emotivo ...>

<Si?>

<Ho una teoria, che potrebbe funzionare ... per distinguere un replicante da un essere umano potremmo sottoporre il sospetto ad una forte reazione emotiva. Il replicante, di fronte ad una situazione di stress, dovrebbe tradire la sua natura in seguito all'impossibilità, di controllare le proprie emozioni, data alla mancanza del bagaglio di esperienze tipico di un essere umano. Si, può funzionare. Mi metto subito al lavoro. Ci vorrà del tempo.>

<Bene. Quando hai novità, fammele sapere immediatamente.>

Steve fece per uscire dal laboratorio quando la voce di Amadeus lo fermo:

<Posso fare una domanda impertinente, comandante?>

<Potrei forse impedirtelo?>

<Sospetta forse che uno dei nostri compagni di squadra possa essere … non umano?>

<Bella domanda … quando avrò una risposta, sarai il primo a saperla.>

Uscì senza dare al ragazzo il tempo di ribattere.

 

 

Sotterranei del Quartier Generale S.H.I.E.L.D.

 

<Dunque è per questo che in palestra tu ...>

<E’ così. Ho dovuto provocarti. Il segnalatore che ho sul polso ha controllato i tuoi tracciati cerebrali delle emozioni e ha dato esito negativo. Dunque tu eri chi dicevi di essere.> le rispose Steve. Ma dentro di se Sharon sapeva che lui pensava alcune delle cose che le aveva detto.

<E ora che intendi fare?> chiese Yelena.

<Già, che ne facciamo di ... lui?>

<Non vi preoccupate> rispose Steve < Ho già un piano ...>

 

CONTINUA...

 

 

NOTE DEGLI AUTORI

 

 

A dire il vero, non ci sono troppe note stavolta, ma andiamo con ordine:

 

1)    Chi è Machinesmith? Se ve lo state chiedendo. Sappiate che c’era una volta un genio della robotica di nome Starr Saxon che aveva messo quel genio al servizio della criminalità organizzata costruendo un robot assassino in grado di individuare i suoi bersagli dovunque fossero ed eliminarli a qualunque costo. Purtroppo per lui, Devil, grazie ai suoi supersensi, riuscì a scoprire l’unico punto debole del robot che esplose. Furioso contro Devil, Saxon cercò di vendicarsi assumendo l'identità del supercriminale Mister Fear ma rimase ucciso nel tentativo. I suoi robot ne rubarono il cadavere e trasferirono la sua coscienza in un corpo robotico, che da allora assunse il nome di Machinesmith. Da allora, da solo o al servizio del Teschio Rosso, ha dato molto filo da torcere principalmente a Capitan America.

2)    Non molti se lo ricordano, la sede ufficiale dello S.H.I.E.L.D. è effettivamente sull’East River di fianco alla sede ONU, come visto in varie storie delle varie serie dedicate a Nick Fury. È una sede perlopiù di rappresentanza ed ospita anche l’Accademia dello S.H.I.E.L.D. Nella miniserie Nick Fury vs S.H.I.E.L.D. si scoprì che i suoi sotterranei ospitavano una struttura clandestina che si credeva essere stata del tutto smantellata… fino ad ora.

3)    Cos’è il Progetto Delta? Se fate questa domanda, allerta vuol dire che non avete letto la miniserie di cui sopra, allora pazientate, perché dovrete aspettare sino al prossimo episodio in cui… basta, vi abbiamo dato fin troppe anticipazioni. -_^

 

Carlo & Carmelo.

 



[1] Il poeta è Sir Walter Scott, il poema è Marmion e la traduzione… è mia. -_^

[2] In Captain America Vol. 1° #450/453 (In Italia su Capitan America & Thor, Marvel Italia, #30/33).

[3] Su Young Men #24 del dicembre 1953.

[4]Il servizio segreto militare sovietico ed oggi russo.

[5] Una notizia alquanto esagerata, come ben sanno i nostri fedeli lettori.

[6] Compagno Teschio rosso in Russo.